Biografia Campestrini Alcide Davide

Alcide Davide Campestrini
Alcide Davide Campestrini

Centocinquant’anni fa, il 9 novembre 1863, nasceva a Trento Alcide Davide Campestrini (figg. 1, 2, cat. 68), figlio di Giovanni e Anna Maria Gioseffa Dalmolin (Dal Molin). Le famiglie di entrambi i genitori erano connotate da forti sentimenti patriottici. Il nonno materno, l’armaiolo Tommaso Dal Molin, era stato implicato nei moti trentini del 1848 contro il governo austriaco; condannato alla fucilazione, assieme ad altri venti imputati, era impazzito prima dell’esecuzione e, deportato nel manicomio di Hall, presso Innsbruck, vi moriva poco dopo. Il padre di Alcide, Giovanni, combattente garibaldino, aveva partecipato alla guerra franco-prussiana dei Vosgi nel 1870-71, e viveva esule nel Regno. Dall’accorata nota biografica pubblicata nel 1924 da Giuseppe De Manincor nella rivista “Il Trentino”, apprendiamo altri dettagli importanti sugli inizi della carriera artistica di Campestrini. Cresciuto “da un padrino decoratore di stanze”, al quale prestava aiuto, dopo aver frequentato la locale scuola di disegno, al compimento del diciottesimo anno, Alcide decideva di recarsi a Milano, dove dopo “varie dolorose vicende e tentativi, riuscì ad iscriversi ai corsi di pittura di Brera, […] costretto contemporaneamente a lavorare per vivere”. Anche altri testimoni del tempo ricordano come, per campare, egli si fosse prestato a posare come modello per pittori e scultori, e ad eseguire “teste e cosce di bue per macellerie, fiori e frutta per negozi”.
Privo di mezzi di sostentamento, negli anni cruciali della sua formazione artistica Alcide Davide poteva contare sull’appoggio del Circolo Trentino di Milano, fondato da un gruppo di intellettuali irredentisti nel 1879. Nella seduta del 18 ottobre 1885 veniva accolta con entusiasmo la proposta di aprire una sottoscrizione di 50 Lire a favore del giovane pittore, “in pessime condizioni finanziarie […] per fornirgli i mezzi d’ultimare i suoi studi, poiché sarebbe di disdoro per i Trentini se si lasciassero mancare i mezzi a questo artista che certamente farà onore al nostro paese”. Pochi anni dopo, nel 1889, il Circolo devolveva 200 Lire per l’erezione del monumento di Dante a Trento, “raccolte in una precedente sottoscrizione ai quadri del pittore Campestrini”. Amico di Giannino Galvagni, segretario del Circolo, e di Vigilio Inama, dei quali eseguirà i ritratti oggi di proprietà dell’Accademia degli Agiati di Rovereto (cat. 69) e della Fondazione Museo Storico del Trentino, l’artista stesso, negli anni 1913 e 1917, ricoprirà il ruolo di consigliere dell’associazione patriottica milanese.
Così, molti anni più tardi, il pittore rievocava l’inizio della sua avventura artistica: “Venni a Milano nel 1881 e pur dovendo lottare contro la vita, privo di lumi di fortuna m’iscrissi all’Accademia Belle Arti di Brera. Il Bertini nella scuola di pittura mi fu insegnante e padre”; “allievo migliore tra i migliori, era il prediletto del maestro”, precisava il poeta Nello Lombardo. Oltre a Giuseppe Bertini, le fonti indicano, come maestri di Campestrini, anche Raffaele Casnedi, Bartolomeo Giuliano e gli scultori Ambrogio Borghi e Francesco Barzaghi.
Il 23 maggio 1881 Campestrini veniva ammesso al corso di elementi di figura, di cui era titolare Raffaele Casnedi; abitava, allora, in via Legnano 8. Negli Atti relativi agli anni di frequentazione delle varie discipline artistiche sono attestati i rapidi e costanti progressi dell’alunno: nell’anno accademico 1882-83 egli otteneva la medaglia di bronzo per la copia dal rilievo; nel 1883-84 veniva premiato con la medaglia di bronzo per gli studi dal vero di prospettiva e di paesaggio – in questo biennio la Scuola comunale d’arte applicata all’industria commissionava a Campestrini alcuni rilievi nel refettorio del Convento di S. Maria della Pace -; nel 1884-85 guadagnava la medaglia d’argento nel concorso della scuola di disegno per la copia in plastica; nel 1885-86 riceveva il “premio con medaglia d’argento distinta” negli studi dal vero di prospettiva; infine, nel 1886-87, a conclusione degli studi accademici, nel primo anno di corso della scuola speciale di pittura, sotto la guida di Giuseppe Bertini, otteneva nuovamente la medaglia d’argento distinta per un dipinto di nudo, identificabile con quello ancora conservato all’Accademia di Brera. Nello stesso periodo in cui Campestrini stava svolgendo la sua formazione artistica, altri studenti conterranei frequentavano con profitto i corsi di Brera: Giulio Prati, Cesare Covi e Antonio Mayer, con i quali è probabile egli abbia intrattenuto dei rapporti.
Nel 1887 veniva nominato insegnante nella Scuola comunale d’arte applicata all’industria del Castello Sforzesco; quindi, dal 1° gennaio 1894, iniziava a svolgere incarichi straordinari di supplenza all’Accademia di Brera, inizialmente come “primo aggiunto di disegno di figura” e docente di disegno d’ornato nelle scuole diurne (1894-95), quindi come assistente di Ludovico Pogliaghi (1895-96). In questo periodo abitava in via Fiori Chiari 18.
Per le riconosciute doti di disegnatore, il 16 ottobre 1896 Campestrini otteneva, infine, l’incarico di ruolo per l’insegnamento del disegno di figura, svolto con lusinghieri attestati di stima anche presso il Liceo artistico fino al 1° ottobre 1933.
Dopo il rifiuto di prestare servizio militare nelle file dell’esercito austriaco, nel 1892 Campestrini otteneva la cittadinanza italiana. Grazie all’appoggio del marchese Emilio Visconti Venosta, presidente dell’Accademia e già Ministro degli affari esteri, l’artista usufruiva del permesso di tornare occasionalmente a Trento, pure sotto la discreta, ma costante sorveglianza dell’imperial-regia polizia. “Poté così riabbracciare la vecchia mamma, che da anni ed anni stava attendendolo”, ed assolvere ad alcune importanti commissioni pubbliche. Nel 1890 eseguiva la decorazione esterna, con motivi a girali vegetali e grottesche della neorinascimentale Scuola popolare e civica (ora sede della Facoltà di Sociologia), eretta in via Giuseppe Verdi tra il 1888 e il 1891 su progetto dell’architetto viennese Carl Hinträger. Contemporaneamente, tra il 1890 e il 1892, elaborava i progetti di decorazione da eseguire nella cupola e nel fregio della cappella del cimitero di Trento, eretta su disegni di Pietro Dal Bosco, e nella volta della sala maggiore del Municipio, opera, quest’ultima, che l’artista si offriva di eseguire gratuitamente (cfr. infra).
Il 7 febbraio 1897 Alcide Davide si univa in matrimonio con la concittadina Emma Toller, di undici anni più giovane, futura poetessa in vernacolo trentino; uno dei testimoni delle nozze era l’amico scultore Andrea Malfatti. Dall’unione nascevano tre figli: Alcide Ernesto (1897-1983), Luigi (1899-1914) e Gianfranco (1901-1981). Mentre il secondogenito, nato a Milano il 14 giugno 1899, moriva prematuramente a quindici anni, quando dava le maggiori speranze di riuscire un valente artista, Alcide Ernesto e Gianfranco proseguivano la tradizione artistica familiare, collaborando con il padre, a partire dagli anni Venti, in alcune impegnative imprese decorative (si vedano, in questo volume, le rispettive schede biografiche). Nel 1898 la famiglia Campestrini abitava in via Lanza 6; nel 1905 il pittore aveva lo studio in Piazza Castello; nel 1918 aveva lo studio in via Cernaia; in seguito egli fisserà definitivamente la sua abitazione con studio in via Ancona 6.
Dopo la vittoria del Premio Antonio Gavazzi, assegnato alla tela di tema dantesco I neghittosi, (cat. 4-5) seguita dalla nomina a socio accademico, Campestrini iniziava un’intensa attività espositiva internazionale. Nel 1898 era presente al Glaspalast di Monaco di Baviera con Idillio a Trento (cat. 12) e Punita (cat. 11), alla Mostra di arte antica e moderna allestita a Trento, presso la Palestra unione ginnastica, in occasione delle feste vigiliane, con “alcuni ritratti molto osservati per ottime qualità pittoriche, un bozzetto di militari al campo, eseguiti con molto brio e un bel studio di nudo”, e all’Esposizione nazionale di Torino con due dipinti, Primi suoni (cat. 18) (oggi conservato al MART) e Sul meriggio a Trento. Nel 1900 partecipava al Concorso Alinari di Firenze con Amor Materno (premiato) (cat. 53) e nel 1900 riesponeva a Milano, alla mostra La pittura lombarda nel secolo XIX, Primi suoni; la stessa tela veniva ripresentata, nel 1901, al Glaspalast di Monaco con il titolo Erste Klänge. Nel 1906 era presente all’Esposizione internazionale del Sempione di Milano con tre grandi tele: Avanti Savoia! (Milano, Associazione Nazionale Bersaglieri) (cat. 91), Frati in biblioteca (cat. 29) e Funerali di un confratello (fig. 3).
I recenti successi ottenuti in ambito espositivo, che avevano consolidato la reputazione di Campestrini nei generi storico-mitologico e ritrattistico, contribuirono non poco a procurare al pittore numerose commissioni, delle quali si tratterà fra breve.
Con l’annessione del Trentino al Regno d’Italia, si aprivano per Campestrini nuove possibilità di lavoro in campo decorativo. Nel 1920, con l’aiuto dei figli Alcide Ernesto e Gianfranco, eseguiva nel Teatro Sociale di Trento la vasta figurazione ad affresco del soffitto, intitolata Annunciate dalle arti musicali, le città del Trentino passano festanti innanzi all’Italia vittoriosa e grande (figg. 4-5, cat. 94-97); nel 1926 eseguiva il Dittico della cerimonia dell’annessione della Venezia Tridentina all’Italia (fig. 6, cat. 98-100), conservato a Trento, Fondazione Museo Storico del Trentino. Avvalendosi, di nuovo, della collaborazione dei figli, tra il 1922 e il giugno del 1923 decorava la sala da pranzo del Grand Hotel Regina di Levico Terme (distrutto da un bombardamento nel 1944) e, nel 1928 – affiancato dal solo Gianfranco – affrescava il timpano della facciata della chiesa di S. Giorgio a Castello Tesino (cat. 112).
Oltre a questi impegnativi incarichi, i soggiorni estivi che Campestrini trascorreva regolarmente in Trentino con la famiglia, a Fai della Paganella, a Levico e in altri luoghi di villeggiatura, costituivano l’occasione per dedicarsi alla pittura di paesaggio o di figura en plein air, ambito nel quale l’artista raggiungeva risultati notevoli dal punto di vista dello studio della luce, in sintonia con le esperienze pittoriche più aggiornate dell’ambiente artistico lombardo della Scapigliatura.
Altri paesaggi di località italiane documentano i viaggi compiuti da Campestrini durante la sospensione estiva dei corsi accademici: la costa ligure, Roma, Napoli, la Sicilia. E’ forse a motivo di un soggiorno di lavoro che, nel 1931, l’artista otteneva dalla direzione accademica un congedo di due mesi, durante i quali veniva sostituito, nell’insegnamento, dal figlio Gianfranco.
Di ben maggiore impegno e durata sarà il viaggio intrapreso dall’artista, pochi anni dopo, in Libia “per ragioni di studio”. Grazie all’appoggio della direzione accademica, il 27 novembre 1934 otteneva dalla Questura di Milano un lasciapassare per le Colonie d’Africa. Entro l’anno si stabiliva a Tripoli, nell’Albergo Moderno, dove, a coronamento della sua lunga carriera di artista, insegnante e patriota, gli veniva notificata la nomina a Cavaliere dell’Ordine della Corona d’Italia. Alcune luminose impressioni del paesaggio libico furono esposte alla Seconda mostra internazionale d’arte coloniale di Napoli del 1934-35.
Nel 1932 l’artista veniva aggregato all’accademia degli Agiati di Rovereto; in segno di riconoscenza, nel 1936, egli faceva dono all’istituzione del Ritratto di Bianca Laura Saibanti.
Sono questi gli unici episodi di rilievo degli ultimi anni di vita del pittore: un’esistenza contrassegnata da un riserbo forse eccessivo, derivato dalla modestia del suo carattere e dalla ritrosia ad esporre e a frequentare il mercato dell’arte. Sicché Gino Marzari, commemorando l’amico da poco scomparso, constatava con sorpresa: “La casa dov’egli abitò per più decenni è ricolma di opere sue, in gran parte ancora ignorate dal pubblico”. Il ricordo degli ultimi istanti di vita del pittore, sono così narrati dalla moglie Emma ad Anselmo Bucci: “sentendosi agli estremi, si fece portare sul letto la sua cassetta di colori. La ordinò tutta lentamente, la ordinò a poco a poco, guardando i tubi, i pennelli ad uno ad uno. E poi chiuse la cassetta. E chiuse la vita”. Era il 9 gennaio del 1940.

Dal catalogo Alcide Davide Campestrini, 1863 – 1940. Un pittore trentino a Milano fra Otto e Novecento, a cura di Elvio Mich, Editrice La Grafica, Mori (TN